Biodiversità ancora punto debole nelle strategie ambientali aziendali: solo il 42% monitora gli impatti
Cresce la consapevolezza delle imprese italiane sul valore strategico della natura, ma la biodiversità resta ancora la grande assente nelle strategie ambientali. È quanto emerge dal nuovo report “Le aziende italiane e la tutela del capitale naturale per contrastare il cambiamento climatico”, promosso da UN Global Compact Network Italia in collaborazione con The European House – Ambrosetti, l’Università Ca’ Foscari Venezia e con il supporto di Edison SpA. Lo studio sarà presentato alla COP30 di Belém, presso il Padiglione Italia, insieme al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Il 78% delle imprese riconosce il valore della natura, ma solo il 42% monitora gli impatti
Secondo l’indagine, il 78% delle aziende italiane riconosce che proteggere la natura rafforza la resilienza del proprio modello di business. Tuttavia, solo il 42% monitora in modo sistematico gli impatti delle proprie attività su biodiversità ed ecosistemi.
La ricerca ha analizzato 169 grandi aziende italiane soggette all’obbligo di rendicontazione di sostenibilità a partire dal 2024 (escluse banche e assicurazioni) e ha coinvolto 115 imprese aderenti al Network. I dati mostrano che, mentre circa la metà delle imprese dispone di strumenti per la gestione di emissioni, acqua e rifiuti, solo l’8% ha già adottato un Piano di Transizione per la Biodiversità.
Capitale naturale: cresce l’attenzione, ma manca un approccio strutturato
Il capitale naturale, ovvero l’insieme delle risorse e dei servizi forniti dagli ecosistemi, viene sempre più considerato nelle strategie aziendali, ma in modo ancora poco strutturato. Il 57% delle imprese dichiara di tenerne conto nelle proprie valutazioni ambientali, e il 70% riconosce che integrare clima e natura porta benefici concreti. Nonostante questo, solo una su tre ha definito una policy aziendale specifica.
Molte imprese agiscono principalmente per gestire i rischi ambientali (67%), ma incontrano difficoltà operative legate al coinvolgimento della filiera, ai costi elevati, alla mancanza di strumenti adeguati e di competenze interne. Per superare questi ostacoli, il mondo imprenditoriale chiede incentivi economici, linee guida pratiche e strumenti di misurazione efficaci.
Un dato incoraggiante arriva però dalle prospettive future: l’81% delle aziende prevede di rafforzare il proprio impegno nella tutela della natura nei prossimi anni.
Il capitale naturale come motore economico e leva per la competitività
A livello globale, la posta in gioco è altissima: oltre la metà del PIL mondiale – circa 55.000 miliardi di dollari – dipende direttamente dai servizi forniti dagli ecosistemi. In Europa, il 72% delle imprese è legato ad almeno un servizio naturale, mentre in Italia quasi l’80% dei prestiti bancari è esposto a settori vulnerabili ai rischi ambientali.
Nonostante l’Italia disponga di un patrimonio naturale straordinario, che include oltre un terzo delle specie animali europee e quasi metà della flora, la situazione è preoccupante: 58 ecosistemi terrestri su 85 risultano a rischio, pari al 46% del territorio nazionale.
Per raggiungere gli obiettivi fissati dal Global Biodiversity Framework 2030, sarà necessario incrementare in modo significativo i flussi finanziari destinati alla tutela della natura. Oggi, a fronte di un fabbisogno stimato in 1.150 miliardi di dollari l’anno (pari all’1% del PIL globale), vengono mobilitati solo 208 miliardi. Le risorse pubbliche non sono sufficienti, così come la quota – circa 35 miliardi – proveniente dal settore privato. Serve quindi una nuova alleanza pubblico-privato capace di catalizzare capitali, innovazione e competenze, costruendo modelli di sviluppo che siano rigenerativi per la natura e sostenibili per l’economia.
Sostenibilità e competitività: un binomio inscindibile per il futuro delle imprese
La competitività delle imprese e la stabilità economica dipendono sempre più dalla capacità di proteggere il capitale naturale. Ignorare il valore della natura significa mettere a rischio il benessere delle persone, la solidità dei sistemi finanziari e le prospettive di sviluppo del Paese.
Di fronte alla crescente perdita di biodiversità e al degrado degli ecosistemi, è indispensabile adottare un approccio integrato che coinvolga istituzioni, imprese, governi e cittadini. Le aziende devono imparare a comprendere e gestire le proprie dipendenze e i propri impatti, definendo obiettivi misurabili, investendo in strumenti, competenze e governance e costruendo partnership lungo le filiere.
La tutela della natura non è più soltanto una responsabilità ambientale, ma una scelta strategica che rafforza la resilienza del business, crea valore condiviso e prepara le imprese a un futuro in cui sostenibilità e competitività saranno sempre più interdipendenti. In questo scenario, il Global Compact Network Italia continua a favorire formazione, scambio di buone pratiche e collaborazione tra le aziende impegnate nella transizione ecologica.
» La ricerca è disponibile qui.



