Si è appena chiuso a Ginevra il 14° Forum on Business & Human Rights, il principale summit a livello mondiale dedicato alla promozione dei Principi Guida delle Nazioni Unite su Imprese e Diritti Umani, che riunisce Governi, settore privato, società civile e organizzazioni internazionali per accelerare insieme l'azione sui diritti umani.
Il Forum ha offerto un’occasione unica di confronto multi-stakeholder per valutare l'efficacia dei quadri normativi esistenti in materia di diritti umani e dei lavoratori ed esplorare strategie per migliorare gli impegni e le azioni, in risposta alle dinamiche globali in costante evoluzione.
Secondo le stime, il 75% dei partecipanti proveniva dal mondo delle imprese, ma è risultata carente la rappresentanza di fornitori e di lavoratori e lavoratrici, veri protagonisti del tema. Tra le tematiche emerse con più forza nella discussione, quella del living wage – su cui la maggior parte delle aziende si sta già impegnando – il legame tra clima e diritti umani e rischi e opportunità legati all’utilizzo dell’AI per accelerare i processi di due diligence.
Il tema del summit “Accelerating action on business and human rights amidst crises and transformation” ci ricorda che è sempre più complesso rafforzare e accelerare il proprio impegno nella protezione e il rispetto dei diritti umani per il mondo del business. Alla luce di un panorama geopolitico globale imprevedibile e in rapida evoluzione, garantire che Governi e imprese rispettino i rispettivi obblighi e responsabilità in materia di diritti umani richiede resilienza, adattabilità, volontà politica e un maggiore impegno all’azione.
Ma per mettere in atto tutti insieme una “transizione giusta”, è fondamentale mantenere le Persone al centro, e in questo le imprese hanno un ruolo e una responsabilità cruciale: come ha ricordato anche Volker Türk, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, durante i lavori a Ginevra, il costo degli abusi di diritti umani non è soltanto astratto. Proteste, ritardi e boicottaggi causano miliardi di perdite al livello finanziario.
Il Network italiano dell’UN Global Compact, con oltre 700 aziende aderenti, rappresenta un osservatorio privilegiato sulle dinamiche di Corporate Human Rights Due Diligence e sulle principali criticità che le aziende italiane incontrano nell’implementazione dei processi di HRDD, quali:
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mancanza di consapevolezza interna e di comprensione del business case: si riscontra difficoltà presso le aziende nel diffondere la cultura dei diritti umani a tutti i livelli aziendali; Secondo lo studio “Human Rights vs Competitiveness: a False Dilemma” condotto da UNDP e World Benchmarking Alliance, su un campione di oltre 200 multinazionali, politiche e processi robusti in materia di diritti umani non riducono la performance finanziaria. Al contrario, sono correlati a una maggiore efficienza degli asset e resilienza operativa, ribaltando il mito del “costo” della compliance;
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carenza di risorse e competenze, limitata disponibilità di team aziendali dedicati e di know-how specifico sui temi: è importante capire in quale funzione in azienda risiede la responsabilità della due diligence e come coinvolgere tutte le altre aree impattate (sostenibilità/CSR, HR, legal, compliance, procurement) in modo da lavorare a livello di taskforce interne su piani d’azione condivisi, in cui tutte le business unit siano inserite nei processi e nell’identificazione dei giusti stakeholder da coinvolgere. A questo proposito, il Network Italiano di UNGC ha lanciato Business&Human Rights Accelerator, un percorso di formazione di 6 mesi a cui possono partecipare due referenti aziendali da diverse funzioni. È possibile candidarsi alla 3^ edizione entro il 19/12 per le imprese aderenti, compilando il presente modulo
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complessità nel monitorare fornitori e subfornitori, soprattutto in Paesi ad alto rischio: in questo scenario, dovrebbe essere sempre più frequente l’adozione di codici di condotta fornitori che integrino anche aspetti relativi ai diritti umani. Le linee guida alla stesura di un Codice Condotta fornitori di UNGCNI includono questa componente fondamentale della dimensione sociale e indicano alle aziende di rispettare gli standard minimi riconosciuti a livello nazionale, regionale, internazionale e di rispettare i diritti culturali, religiosi, economici e sociali delle comunità locali, delle minoranze, delle popolazioni indigene e di altri gruppi vulnerabili, tenendo conto del contesto operativo e delle attività svolte;
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sfide nella mappatura degli stakeholder da consultare nei processi di due diligence: difficoltà nel definire chi coinvolgere nelle consultazioni, soprattutto in catene di fornitura complesse e quando si parla di impatti sulle comunità locali e di rightsholder, e nel condurre un significativo stakeholder engagement (come richiesto da CSDDD). Oltre agli stakeholder direttamente interessati le consultazioni dovrebbero coinvolgere anche i cosiddetti proxies credibili (es: sindacati) ed esperti sui diritti umani (es. ONG). Secondo gli UNGPs, la consultazione deve rispettare 4 pilastri ed essere tempestiva e continua, informata, inclusiva e sicura.
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difficoltà ad andare oltre la compliance normativa, soprattutto nel contesto dell'attuale incertezza regolatoria europea: la direttiva europea sulla due diligence per la sostenibilità delle imprese (CSDDD), lo scorso anno celebrata come una delle conquiste politiche più significative a livello comunitario della storia recente, sta subendo una profonda limitazione e revisione in ragione dell’approvazione di Omnibus I, uscendone indebolita;
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mancata attenzione alle misure di rimedio: molte aziende si concentrano su identificazione e prevenzione dei rischi, ma trascurano il terzo pilastro degli UNGPs (remedy), che porta a un gap nella gestione delle violazioni e nella tutela effettiva dei diritti..
Durante la plenaria di chiusura del Forum on Business and Human Rights, Melissa Powell, Deputy Executive Director dell’UN Global Compact, ha ricordato l’impegno dell’iniziativa onusiana nel supportare le aziende di ogni tipo e dimensione verso la promozione dei diritti umani sul luogo di lavoro e ha lanciato 3 raccomandazioni per ogni stakeholder chiave: aziende, Governi e società civile.
Aziende
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concepire i diritti umani come un tema di governance strategico e non come una semplice metrica al livello di rendicontazione;
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comunicare con i fornitori e portare progressi reali, non promesse;
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impegnarsi al massimo, muovendosi “alla velocità del rischio” e non della perfezione.
Governi
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garantire coerenza in termini di policy e creare condizioni favorevoli per promuovere condotte responsabili da parte delle aziende;
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mettere in campo incentivi reali per aiutare pratiche responsabili;
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garantire che il grievance mechanism sia allineato ai Principi Guida delle Nazioni Unite su Imprese e Diritti Umani (#UNGPS).
Società civile
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continuare a esigere che si renda conto dei vari operati e responsabilità e portare esempi specifici ed evidenze, in difesa dei diritti umani;
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continuare a immaginare nuove soluzioni, sulla base di esperienze reali dei lavoratori/trici;
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collaborate con diversi attori alla ricerca di soluzioni congiunte, che possano portare a una reale giustizia sociale.



